«Un caso che fa giurisprudenza»


troppi sono contratti a tempo, stipulati da qualsiasi ditta e per i quali, come nel caso specifico, non è stato precisato così puntualmente il motivo della loro assunzione


DOMENICA 26 SETTEMBRE 2010 - Corriere delle Alpi

BELLUNO. La vicenda dell’operaia della Luxottica, giunta ad una prima pronunciazione, diventa emblematica e rischia di scatenare i ricorsi di moltissimi altri lavoratori precari con contratti a tempo, stipulati da qualsiasi ditta e per i quali, come nel caso specifico, non è stato precisato così puntualmente il motivo della loro assunzione.  Infatti, è nella genericità delle cause di assunzione, che il giudice del lavoro, in ottemperanza al decreto legislativo 368/2001, ha dato ragione alla ricorrente. E il pericolo di un ricorso di massa c’è, come evidenziano le parti sociali.  «Come Cgil», precisa Renato Bressan, segretario generale della Camera del Lavoro, «continuiamo a sostenere che le aziende che assumono con contratto a termine devono farlo nel rispetto del principio del decreto legislativo 368/01 e specificare le causali che, poi, sono quelle che, come sindacato, portiamo nei contratti collettivi nazionali di lavoro. Attualmente nel mondo della legislazione del lavoro, si assiste ad una sorta di schizofrenia, soprattutto dopo l’introduzione nel 2003 di nuove regole per il mercato del lavoro, che hanno sovvertito il principio del decreto legislativo. Per cui le aziende non potranno assumere con contratti a termine solo in determinate circostanze come gli scioperi, per tutte le altre motivazioni potrà fare quello che vuole».  Bressan punta il dito contro la liberalizzazione dei contratti «che non fa altro che precarizzare il lavoro. Ed infatti, nel Veneto, solo il 15% dei contratti sono a tempo indeterminato. Questa situazione, però, è in netta opposizione ad una direttiva europea che prevede che il contratto collettivo del lavoro di riferimento delle imprese sia quello a tempo indeterminato, mentre quello a termine debba essere legato assolutamente a determinate causalità».  Per il segretario della Cgil, quindi, «questa sentenza è un ulteriore tassello che farà giurisprudenza, ma va ricordato che all’atto di intentare una causa contro una ditta, ogni situazione è a se stante. D’altra parte, nella pratica, quando un lavoratore pensa di essere danneggiato e si rivolge ai nostri uffici, non possiamo mai dare la certezza di vincere, anche perchè la norma soggiace all’interpretazione dei giudici. Ciò che serve sono dei buoni legali e avere dalla propria parte quanti più elementi possibile».  Sicuramente, conclude Bressan, «a prescindere da questo caso specifico, le nuove norme sul lavoro e anche il collegato passato nei giorni scorsi dal Senato alla Camera per l’approvazione e che definisce i limiti di azione del giudice del lavoro, introducendo l’istituto dell’arbitrato da noi osteggiato, non fa altro che precarizzare il lavoro e chiuderci i varchi che ci sono rimasti aperti per far valere i diritti dei lavoratori».