VENERDI' 12 NOVEMBRE 2010 - Intervento Camera del Lavoro
del Segr. Gen. Cdlt Renato Bressan
Per il FMI il 2009 è stato segnato da una recessione planetaria, mai accaduta dal dopoguerra, con una perdita del Pil Mondiale dello 0,6%, mentre nel 2010 l’economia mondiale si caratterizza per una ripresa dei valori produttivi di quasi il 5%. Questa crescita, però, ci consegna uno scenario internazionale profondamente cambiato almeno per due motivi.
Il primo legato ad uno sviluppo disomogeneo. Crescono molto i paesi a oriente come la Corea, Giappone e soprattutto India e Cina con valori sopra il 10%, mentre crescono poco gli Stati Uniti + 2,5%, ed in Europa spicca la sola Germania con un + 3,5%.
Il secondo, invece, riguarda l’asse degli scambi commerciali che si sta spostando da occidente verso oriente grazie, soprattutto, alla Cina che nel giro di qualche anno sarà la prima economia mondiale. Questi due motivi sono alla base e all’origine del tentativo, da parte di Confindustria, di stabilire nuove relazioni industriali nel paese col pieno coinvolgimento della Cgil.
Confindustria abbandona, così, il tentativo di esclusione della nostra organizzazione, teorizzata e praticata dal Governo in accordo con alcune parti sociali, consapevole del fatto che a fronte di questi mutamenti il sistema delle imprese necessita di accordi che assicurino stabilità all’apparato produttivo. Le politiche estremiste portate avanti da un nucleo di potere (politico/sociale) non hanno portato ai risultati sperati, ma anzi oggi, quel nucleo, si trova in piena decomposizione.
Il Governo è stato troppo impegnato prima a negare la gravità della crisi e a promettere miracoli economici e, poi, quando non ha più potuto negare l’evidenza, si è comunque logorato in dispute inenarrabili come negli ultimi mesi.
Le imprese devono fare i conti con le proprie concorrenti, magari tedesche, che al contrario trovano un vero supporto da parte del proprio Governo impegnato a costruire relazioni diplomatiche e commerciali proprio con quei paesi che ad Oriente, ormai, assorbono enormi quantità di merci.
Adesso si costruiscono le nuove rotte commerciali dentro ad un nuovo ordine economico mondiale. Per queste ragioni nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil e categorie economiche hanno consegnato al Governo le “Proposte delle parti sociali su crescita e occupazione” sottoscritte il 27 ottobre scorso.
Trattasi di quattro documenti sul mezzogiorno, ricerca ed innovazione, semplificazione della Pubblica Amministrazione ed emergenze sociali, con i quali le parti sociali hanno inteso dire chiaramente all’esecutivo cosa serve per la ripresa dell’economia e uscire definitivamente dalla crisi.
Nei prossimi giorni ci ritroveremo per tentare di definire altrettanti punti importanti legati alla produttività e competitività, contrattazione, fisco, e per quel che ci riguarda anche la rappresentanza e democrazia sindacale.
I documenti, che intanto abbiamo consegnato a Palazzo Chigi, hanno lo scopo di orientare le scelte del Parlamento in materia di Legge di stabilità, la vecchia manovra finanziaria.
Infatti, il rischio di trovarci di fronte a provvedimenti del tutto inconsistenti non è dato solo dal fatto che l’esecutivo in più di qualche occasione non ha raggiunto i numeri sufficienti in Commissione bilancio per approvare le proprie ipotesi, ma soprattutto per le quantità delle risorse messe a disposizione, solo 5 miliardi di euro, e la qualità dei provvedimenti stessi.
Infatti, se possono avere un senso i voucher di 7.500 euro messi a disposizione delle imprese che affidano la ricerca alle Università per innovare i propri prodotti, tale misura perde qualsiasi significato di fronte alla somma stanziata, solo 100 milioni di euro, che rappresenta poche briciole a fronte di ben altre necessità.
Lo stesso lo possiamo dire per gli sgravi destinati agli aumenti di produttività che non superano gli 800 milioni di euro. Infatti, se si pensa che lo sgravio fiscale stimoli la maggiore produttività ed aumenti conseguentemente la capacità di spesa dei lavoratori perché mettere un tetto di spesa? Forse che solo in certi casi l’aumento di produttività genera un aumento della base imponibile e quindi un prelievo fiscale e contributivo maggiore?
Le stesse misure relative agli ammortizzatori sociali in deroga per i quali si stanziano 1 miliardo e 380 milioni di euro risultano inadeguate.
Qui da tempo chiediamo che si esca dalla logica della deroga e che si definisca in modo strutturale un nuovo modello di ammortizzatori che consenta a tutto il mondo del lavoro di poterne beneficiare (oggi più del 50% dei lavoratori ne è escluso) e conseguentemente di estendere l’imposizione contributiva a tutte le imprese comprese quelle artigiane, commercianti, il mondo variegato delle professioni ecc. che attualmente non pagano un euro di contributo all’Inps per tale scopo, ma che ne godono, con i provvedimenti in deroga, i benefici.
La spesa resta, quindi del tutto insufficiente rispetto alle necessità. Del resto, per la copertura, il Governo pensa di reperire le risorse dalle maggiori entrate derivanti dalle giocate, la messa all’asta delle frequenze TV e un pezzo dal un Fondo che sta in capo a Palazzo Chigi.
Nulla sul versante fiscale. Avevamo chiesto che si aumentasse la ritenuta dal 12,50% al 20% sulle rendite finanziarie, che si introducesse una patrimoniale per i valori sopra gli 800 milioni di euro e l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie di breve durata.
Il 27 Novembre la Cgil sarà a Roma impegnata in una grande manifestazione per sostenere con la mobilitazione le proprie proposte, per un fisco più equo, per un nuovo modello contrattuale, per una riforma degli ammortizzatori degna di questo nome, per un welfare sociale che definisca i livelli essenziali delle prestazioni sociali, per certificare la reale rappresentanza delle organizzazioni sindacali, per la democrazia sindacale che consenta ai lavoratori di potersi esprimere sui propri contratti e per rivendicare l’attuazione di quanto sta già in larga parte dentro alle “ Proposte delle parti sociali su crescita e occupazione”.