Che campioni d'evasione

L'Erario contesta a Leonardo Del Vecchio il sistema estero di controllo del suo impero.
E gli chiede di pagare un miliardo di euro per le tasse mai
versate in Italia.
Con possibilità di un patteggiamento.


VENERDI' 11 SETTEMBRE 2009 – L'espresso

NOTA= L'articolo si riferisce anche ad altri noti personaggi coinvolti in casi di evasione fiscale ma
qui abbiamo preferito riportare soltanto le notizie circa il contenzioso tra il Fisco e Del Vecchio


Quando l'anno scorso uscirono le notizie di una prima indagine fiscale nei suoi confronti, il
cavaliere del lavoro Leonardo Del Vecchio ruppe il tradizionale silenzio. I 20 milioni di euro
che, all'epoca, l'Agenzia delle entrate gli chiedeva "riguardano il mio patrimonio personale"
e "non hanno nulla a che fare con la Luxottica", disse. I mass media interpretarono questa
pubblica dichiarazione, quanto mai rara in un imprenditore noto per il riserbo, come il tentativo di sottrarre al fuoco delle critiche la sua azienda, un gioiello leader al mondo nella
produzione e vendita di occhiali.
 
I veri obiettivi dell'industriale milanese, però, erano probabilmente altri. Negli stessi giorni in cui veniva a galla la prima grana con il Fisco, i legali di Del Vecchio erano alle prese con
un'accusa molto più pesante, rimasta finora sconosciuta. Nel novembre 2007, dopo un anno di indagini, gli uomini dell'Agenzia delle Entrate di Milano avevano infatti notificato una serie di contestazioni che facevano apparire i 20 milioni pretesi in precedenza come una palla di neve a fronte di una valanga. Nel nuovo caso in esame, stando a documenti che 'L'espresso' ha esaminato, i profitti sottratti al Fisco attraverso il cosiddetto meccanismo della esterovestizione sarebbero stati infatti pari a 1,55 miliardi di euro e l'imposta non pagata di circa 500 milioni. La Delfin, la finanziaria di famiglia che dal Lussemburgo controlla la Luxottica, rischiava di fronteggiare una delle maggiori accuse di evasione mai formalizzate in Italia, con un botta - fra arretrati, sanzioni e interessi - superiore al miliardo di euro. Uno scenario che, forse, ha convinto l'imprenditore a cercare un accordo di conciliazione. "La Delfin ha avviato da tempo una procedura volta a definire la vicenda in via bonaria e confida che una soluzione possa arrivare a breve", fanno sapere fonti vicine alla società. Che ribadiscono la posizione già espressa un anno fa, al momento della prima querelle con il Fisco: "La società non ha mai inteso mettere in atto comportamenti elusivi: si tratta di una vicenda interpretativa di norme internazionali". La storia di Del Vecchio, 74 anni, è una delle più note fra gli industriali italiani. Se oggi, con un patrimonio stimato in 6,3 miliardi di dollari, occupa la 71esima posizione nella classifica dei miliardari compilata dalla rivista 'Forbes', terzo in Italia dopo Michele Ferrero della Nutella e il premier Silvio Berlusconi, la sua biografia parte in effetti da tutt'altre basi.
 
Cresciuto a Milano nell'orfanotrofio dei Martinitt, inizia a lavorare con in tasca il diploma di incisore e si impiega in una ditta che stampa medaglie. A 26 anni fonda ad Agordo, nel distretto bellunese dell'occhialeria, la Luxottica, che trasforma in un colosso a suon di acquisizoni condotte  in giro per il pianeta. A fine 2008 i ricavi raggiungono i 5,2 m iliardi, i dipendenti quota 61 mila.  Un motivo d'orgoglio, quello del successo sul lavoro, certamente superiore rispetto alle poche altre passioni note: il tifo per l'Inter e lo yacht di 62 metri Moneikos, comprato nel 2006.
 
 
Al di sopra della realtà ben conosciuta della Luxottica, c'è però il ricco mondo delle partecipazioni di famiglia, sul quale si è concentrata l'attenzione del Fisco. Al vertice si trova la finanziaria lussemburghese Delfin, che custodisce il 68 per cento di Luxottica e altre ricche attività. Tra queste, il 2 per cento delle Assicurazioni Generali e il 25 per cento del gruppo Foncière des Régions, proprietario di palazzi e uffici tra Francia e Italia per un valore di 9,7 miliardi.
 
La Delfin in Lussemburgo, dunque. Le azioni dello scrigno di famiglia sono divise in parti uguali fra i sei figli di Leonardo, che conserva i diritti di voto. La spiegazione sembra lineare: il padre ha in mano il comando, i figli la nuda proprietà. La struttura di controllo, però, non è sempre stata così semplice. Fino a pochi anni fa il primogenito Claudio, 52 anni, aveva una sua società che figurava fra i soci di Luxottica, mentre il papà e le altre due figlie di primo letto, Marisa e Paola, si dividevano quella che all'epoca era considerata la capogruppo, La Leonardo Finanziaria, localizzata in Italia.