LO STRESS CORRELATO AL LAVORO

relazione

a cura di: Valentina e Luca (Filctem/CGIL), Tatiana e Michele (Femca/CISL), Iara (Uilta/UIL) 




PREMESSA

Entro il 31 dicembre 2010 le aziende dovranno valutare i livelli di stress riscontrabili all'interno dei propri ambienti di lavoro.  

Diversi mesi fa, ritenendo questo argomento molto importante e di sicura attualità all’interno del nostro stabilimento, Luca (RLS), Valentina, Graziella e Monika, delegati FILCTEM/CGIL della RSU Luxottica di Agordo, costituirono un gruppo di studio per analizzare il fenomeno ed approfondirne gli aspetti.

Valutando poi che l’iniziativa avrebbe potuto avere forza ed incisività maggiori se condivisa con tutta   la RSU,  si costituì un nuovo gruppo che portasse a termine la relazione al fine di presentarla alla direzione e ai responsabili per la sicurezza dell’azienda.    





ANALISI SUL DISAGIO PSICOFISICO ALL’INTERNO DELL’AMBIENTE DI LAVORO

  

 

Questo gruppo di delegati della RSU(*) si pone l’obiettivo di studiare la prevenzione dello stress da lavoro.


  La  Costituzione    all’articolo 32 dice: “  La Repubblica  tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; ancor più precisamente, all’articolo 35 afferma: “  La Repubblica  tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni“.


Si consideri che in questa tutela è compresa anche la salvaguardia dell’integrità fisica e psichica del lavoratore. L’articolo 41 stabilisce quel che segue: “L’iniziativa economica e privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”


Prendiamo come riferimento legislativo l’articolo 4 comma 1 del D.lgs. 626/94, che impone alla parte datoriale di valutare “tutti i rischi”. L’articolo 8 bis dello stesso testo contiene peraltro criteri professionali adeguati per definire la natura dei rischi valutabili, anche di origine psicosociale, come stress, burnout e mobbing.


Il D.lgs. 81/08 (che è “Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”) obbliga esplicitamente a valutare lo stress.


L’articolo 28 (che riguarda la valutazione dei rischi) stabilisce che la valutazione deve riguardare tutti i rischi,  tra cui anche quelli collegati allo stress correlato al lavoro (volgarmente “stress lavoro correlato”, pessima traduzione dell’espressione inglese “work-related stress”), secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’ 08 0ttobre 1994, che presenta però limiti oggettivi proprio per la valutazione dei rischi.
 

 

  

 

Da parte datoriale è perciò lecito aspettarsi attenzione circa i sintomi che possono significare l’insorgere di problemi da stress, e tali da sottoporre l’individuo che li subisce ad alterazione della salute personale con sindrome psicosomatica:


  • disturbi dell’alimentazione (anoressia/bulimia) 
  • disturbi gastroenterici (ulcera/colite) 
  • disturbi cardiocircolatori (ipertensione/ischemia) 
  • disturbi respiratori (asma bronchiale) ecc. 
  • alterazioni del comportamento (tabagismo, alcolismo, dipendenza da farmaci, insoddisfazione, consumo di stupefacenti) ecc.

 

Questi fenomeni hanno infatti una ricaduta sull’azienda in forma di assenteismo, conflittualità, scarsa qualità di cui lo stress correlato al lavoro risulta essere causa involontaria, mentre il mobbing lo è volontariamente. 

 

  

 

Da studi condotti su scala europea emerge che lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa, ed incide per il 50/60% sul totale delle giornate lavorative perse.  


Secondo uno studio dell’ISPESL (Istituto Superiore per 
  la Prevenzione  e   la Sicurezza  del Lavoro) 10 milioni di lavoratori percepiscono il lavoro come un fattore di pericolo per la propria salute, e ciò è vero soprattutto per le donne. 


Lo stress  può essere indotto da problemi relativi al luogo di lavoro quali la cattiva comunicazione, la mancata definizione degli obiettivi organizzativi, una carente  risoluzione dei problemi, la limitazione della crescita personale dovuta  al sottoimpiego delle capacità individuali, l’incertezza elevata, la monotonia del lavoro.
 


Talvolta l’incapacità d’interazione dei capi e dei dirigenti e i rapporti conflittuali con i superiori portano addirittura a casi d’isolamento fisico.
 


I bisogni  tecnico-produttivi aziendali infatti non prendono generalmente in considerazione i lavoratori in quanto persone con esigenze proprie, che oltre alla vita lavorativa hanno, ed hanno tutto il diritto di mantenere, la loro vita propria, al di fuori dell’azienda.
 


Il citato testo unico, ovvero il DDL n° 81 del 2008, con la modifica apportatavi dal Dlgs 106/2009  stabilisce che entro il 1° agosto del 2010, scadenza ora prorogata al 31 dicembre 2010, tutte le aziende compiano valutazioni sullo stato di stress correlato al lavoro dei propri dipendenti, individuandone le cause e ponendovi rimedio.
 


Nel provvedimento indicato s’individuano elementi oggettivi di rischio, come indici infortunistici, assenze per malattia, procedimenti e sanzioni disciplinari, funzione e cultura organizzativa, ruolo nell'ambito dell'organizzazione, evoluzione e sviluppo di carriera, autonomia di decisione e controllo, rapporti interpersonali, ambiente e attrezzature, carichi, ritmi, orario di lavoro.
 


Anche se il decreto dovrà entrare in vigore, non sono ancora state divulgate per minuto e in modo particolareggiato le linee-guida per la valutazione del fenomeno. Per ora si utilizzano gli strumenti suggeriti dall’Agenzia europea per la salute e la sicurezza del lavoro per l’analisi del fenomeno, con schede tecniche d’indagine che esaminano i lavoratori e le loro mansioni, e le difficoltà riscontrate nell’effettuarle.
 


Grandi industrie stanno gestendo questa tematica attraverso lo psicologo interno, con test e procedure studiate ad hoc per l’azienda, ma solo per ottenere maggior prestigio in termini d’immagine.
 


Non esiste un misuratore di stress correlato al lavoro; ognuno di noi ha sensibilità stresso- gene differenti, perché influenzato vuoi dal rapporto con il capo, vuoi dal mancato riconoscimento della propria accresciuta professionalità, vuoi da altri fattori ancora.
 


E’ quindi indispensabile una buona organizzazione delle imprese ed in particolare delle risorse umane attraverso una gestione del personale attenta “ai segnali”, un clima che favorisca atteggiamenti propositivi e improntati all’ascolto da parte della direzione aziendale.
 


Il concetto di salute e sicurezza è stato fino ad ora inteso più in senso fisico che psichico, poiché non è stato preso nella giusta considerazione il danno alla salute derivante da cause di natura stressogena, sempre più presenti nell’ambiente di lavoro.
 

 

  

 

Una strategia globale che abbia per iscopo il continuo miglioramento del benessere, sia esso fisico, morale o sociale sul luogo di lavoro, dovrà perseguire diversi obiettivi complementari, come per esempio i seguenti: 

 

 

 

1)    ridurre l’incertezza e l’insicurezza del lavoro dovute alle nuove forme di contratti precari;

2)    evitare le continue pressioni sui lavoratori per aumentare la produzione, pressioni che li espongono a tensioni emotive sempre più elevate;

3)    evitare il repentino e continuo cambiamento di orari e turni, con usi strumentali della flessibilità;

4)    intervenire sull’organizzazione del lavoro anche attraverso l’applicazione del codice etico;

5)    favorire la coesione e la solidarietà dei dipendenti attraverso una più specifica conoscenza dei ruoli e delle dinamiche interpersonali, anche per corroborare l’affezione all’ambiente lavorativo da parte del personale.

   

Considerando soprattutto le innovazioni nell’organizzazione del lavoro (catene di montaggio, linee, isole, celle ecc.) un dialogo e, quindi, un rapporto costruttivo tra capi e operai si rende necessario per l’impatto che ciò comporta specialmente sugl’individui più fragili, ovvero quelli già soggetti a patologie sia fisiche sia psichiche. 


A tal fine si potrebbe procedere al coinvolgimento dei lavoratori ed effettuare una
  valutazione della loro percezione dello stress correlato al lavoro, tramite questionari anonimi concordati con  la Rappresentanza Sindacale ,  che permettano di fotografare lo stato di salute/malessere dei lavoratori per definire le priorità ed intraprendere interventi di eliminazione o riduzione del rischio. 

 

 (*)= Valentina e Luca (Filctem/CGIL), Tatiana e Michele (Femca/CISL), Iara (Uilta/UIL)