Italia. Fondo monetario e quesiti sulla democrazia

Ispettori ue e del Fmi sulle riforme dettate dalla banca centrale europea. Colpo durissimo per democrazia rappresentativa

VENERDI' 04 NOVEMBRE 2011 -  PeaceReporter

di Angelo Miotto

I rumors sul ruolo del Fondo monetario internazionale rispetto alle scadenze promesse dal governo Berlusconi sono diventati realtà. Già il Corriere della Sera, questa mattina, raccontava di un incontro fra Berlusconi, Tremonti, la presidente del Fmi Lagarde, gli europei Van Rompuy e Barroso e gli immancabili Merkel e Sarkozy. Tema: i 44 miliardi di euro di precautionary credit line, linea di credito precauzionale, da iniettare subito e potenzialmente il doppio tra un anno, tutti crediti rinnovabili per un biennio. In contropartita - riferiva l'articolo del Corsera - il Fondo vorrebbe verificare che il Paese stia affrontando sul serio le proprie vulnerabilità.

Questa mattina fonti europee dicevano: intervento del Fondo, ma senza il via libero italiano al credito. Poi fonti italiane hanno smentito la richiesta del credito, ma hanno ammesso che abbiamo accettato l'attività di monitoraggio(eufemismo per giustificare un'imposizione). Che verrà svolta da Unione europea e Fondo monetario, appunto.


La notizia c'è ed è di una certa gravità, per chi ricordi cosa significhi finire sotto l'azione del Fondo monetario internazionale, anche se per un semplice monitoraggio (sulla cui invasività resta ancora tutto da chiarire). L'Italia ricorse al Fondo solo nel 1974 nel periodo del cosiddetto shock petrolifero: in quel caso il prestito avvenne. Un'era fa.


Il tema della sovranità nazionale e di quanto della stessa stiamo appaltando a soggetti che si trovano a invadere 
un'area in cui non sono legittimati da nessun riconoscimento scaturito dalle urne, si fa drammatico. Forse anche tragico, anche se nel concetto classico la tragedia greca prevedeva che l'eroe cercasse con tutti i mezzi di sottrarsi a un destino inevitabile, senza però riuscire a sottrarvisi. Qui di sforzi eroici non c'è traccia. I fiumi di inchiostro che hanno irrorato negli ultimi giorni i quotidiani nostrani, ma soprattutto stranieri, riguardano un'agonia di governo che nessuno riesce a terminare. Nemmeno quelli che una volta erano considerati poteri forti. Nemmeno i salotti di una finanza ormai sconvolta. Il perché rimane, per ora, oscuro.


Lo iato incolmabile fra il Palazzo, tutto, è la realtà che vive la società 'normale' vive a sua volta della scissione che si sta conclamando fra maggioranza e governo
. Ma il tema di fondo riguarda la salvaguardia della democrazia rappresentativa. Se i cittadini votano per i propri rappresentanti politici, risulta particolarmente divaricato il meccanismo per cui sia poi la Banca centrale europea a dettare gli impegni e le riforme, e più ancora che il Fondo monetario internazionale si palesi a mo' di avvoltoio sulla spalla. È tempo di stabilire delle priorità, come dice in maniera chiara Rossana Rossanda oggi dalla prima pagina del Manifesto, denunciando il silenzio assordante che ha fatto seguito al ricatto dei Grandi rispetto all'esigenza - per fini politici o meno in questo momento non è influente - del premier greco di chiedere un parere al popolo. Cosa di più normale in una democrazia?


Oltre alla voce di Rossanda, c'è un altro intellettuale - Luciano Canfora - che torna dalle pagine de l'Unità a esercitare una memoria ormai assopita nell'opinione pubblica. Sempre sulla cessione di sovranità nazionale a soggetti terzi, non rappresentativi. "Al premier Papandreou - sostiene Canfora - è stato persino imposto di riformulare il quesito, in modo da estenderlo alla permanenza stessa nell'euro. Un atteggiamento semi-coloniale, e la conclusione, cioè la rinuncia della Grecia alla consultazione, è uno scacco mortale alla democrazia. I capi dell'Europa si sono mossi come il brigante Mackie Messer dell'Opera da tre soldi di Brecht, con il coltello in mano".


Tornando allo squallore politico romano. Resta la pistola alla tempia che si chiama spread, cioè - come gli italiani hanno imparato ormai a memoria - il differenziale fra i rendimenti dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi. Stamane, dopo le voci sull'intervento del Fondo, siamo rimasti in apertura dei mercati a 428 punti, un paio sotto i 430 di ieri sera. Non un buon segnale. La pressione persiste, forte. Sulla fiducia si gioca un copione ormai scritto. Chi ha rotto, non pagherà. I cocci sono tutti nostri.


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